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“Come tutti gli incontri che ti cambiano la vita, anche questo è capitato quasi per caso. Dopo sei lunghissimi anni durante i quali eravamo costantemente in cerca di un “punto fermo” cui agganciare una vita diventata, all’improvviso, una girandola senza fine tra specialisti, ospedali, terapie, pareri e secondi pareri, ecco che la nostra neuropsichiatra ci suggerisce di fissare un incontro con questa nuova realtà che sta muovendo i primi passi a Bologna…».
Il plurale che accompagna l’inizio di questa testimonianza è composto da Helena, mamma, e da Amelia, sua figlia, sei anni e mezzo, affetta dalla nascita da paralisi cerebrale. L’incontro è quello, avvenuto lo scorso marzo, con l’équipe del Day Care della Fondazione Hospice Seràgnoli:
«Una scoperta, una bellissima scoperta. Dopo sei anni in cui ci pareva sempre che – nonostante tutti gli sforzi per trovare per Amelia le migliori soluzioni possibili – mancasse un pezzettino, ci siamo detti: “Ecco, questo è finalmente quello che serve a noi».
Non c’è niente di enfatico o di tragico nelle parole e nel tono di Helena, ma una misurazione estremamente lucida del ruolo che i professionisti del Day Care svolgono all’interno di percorsi di malattia complessi come quello di Amelia, che inevitabilmente costituiscono per i genitori un continuo gioco di equilibrio tra speranze e delusioni, bisogni urgenti e sempre nuovi man mano che la crescita della bimba avanza, e risposte che vanno inseguite su strade mai lineari, chiare, codificate, facilmente accessibili. Spesso ci si orienta con i passaparola, con informazioni incontrate nelle sale d’aspetto degli ospedali. Il che si traduce in fatica e frustrazione, nella sensazione che forse, magari, si potrebbe fare di più.
“Quel che ci ha colpito, fin dalla prima visita conoscitiva, è l’approccio di team che il Day Care propone: mettere a disposizione più figure di riferimento – ad esempio la neuropsichiatra, la logopedista, la fisioterapista – che finalmente non sono dislocate per tutta la Regione, ma sono insieme in un’unica stanza e ci ascoltano, dialogano tra loro e con noi, e non solo. Si confrontano per esempio con la fisioterapista che da anni segue Amelia a domicilio, con la fisiatra che l’ha vista crescere, con il chirurgo che tra qualche mese si occuperà di un intervento che dovrà affrontare… Avere professionisti che conoscono il percorso di Amelia e fanno in modo che tutti coloro che vi sono collegati abbiano le stesse informazioni e parlino la stessa lingua, per noi genitori è importante”, spiega Helena.
“Per anni ci siamo ritrovati a fare i portavoce di noi stessi, o i portavoce tra uno specialista e l’altro, il che – data la complessità della situazione clinica della nostra bimba – non è proprio una cosa facile. Più che “essere seguiti”, quel che sto percependo è avere qualcuno che sa come creare una rete intorno alla bambina e alle sue necessità. È un sollievo, per noi”.
Il pensiero di Helena corre alle altre famiglie, agli altri bambini e bambine che avrebbero bisogno di questa rete intorno. “So che si tratta di un progetto pilota, che è in evoluzione in attesa dell’apertura del futuro Hospice Pediatrico, ma mi auguro che questa realtà creata con il Day Care possa essere il trampolino di lancio per un approccio diverso nel mondo della cura. Auspico che una realtà come questa possa diventare un modello a disposizione di tutte le famiglie che hanno un bisogno di cure complesse”.