Cura, Incontri

Sedici Anni che hanno fatto la differenza

Lo Studio di Impatto realizzato dalla Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli evidenzia come, al di là dei numeri, il beneficio per i pazienti, per le loro famiglie e in generale per la comunità passi attraverso «componenti intangibili» fatte di attenzione umana e sensibilità professionale. Un approccio al paziente come persona che costituisce un modello unico di assistenza e produce valore reale.

Misurare dobbiamo è un gesto di conoscenza. È un modo per impossessarsi delle cose. Significa capirle». Non sono parole di un’analista abituato a navigare tra indicatori di performance e numeri di bilancio. A pronunciare questa frase che offre nella sua immediatezza (e bellezza) il senso di un percorso lungo e complesso come lo studio di misurazione dell’impatto sociale realizzato dalla Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli sull’attività svolta tra il 2002 e il 2017 è Renzo Piano, di professione architetto. Capace con semplicità di spiegare perché il desiderio di «misurare» sia parte della natura umana. Misurare significa capire le cose, prendere coscienza in maniera oggettiva del loro senso, del loro valore, del loro fine. Visto da questa prospettiva, lo Studio di Impatto Sociale sviluppato in collaborazione con i ricercatori del Centre for Social Investment dell’Università di Heidelberg assume un significato che va al di là dei numeri, pur abbondanti e dettagliati. Fa intravedere come l’approccio della Fondazione al contesto delle cure palliative, il mettere il paziente e i suoi bisogni al centro che qui non è slogan, ma pratica quotidiana, siano davvero elementi che hanno fatto la differenza per migliaia di persone. Per gli oltre 12mila pazienti che sono stati accolti nei tre hospice gestiti dalla Fondazione, per le loro famiglie, per la comunità territoriale che fa riferimento a queste strutture, per il Sistema Sanitario e, più in generale, per tutti coloro che grazie a questa attività e alla sua divulgazione hanno acquisito una sensibilità particolare al tema delle cure palliative e del fine vita. Si tratta dell’esperienza di un percorso di cura nuova, improntata sull’obbiettivo di portare qualità alla vita, qualunque sia la patologia o la diagnosi: un approccio che passa anche dall’«affrontare in maniera differente», da sempre, l’umanità delle persone prese in carico.

Se infatti i numeri danno conto dell’impatto quantitativo dell’attività, è viaggiando attraverso le pieghe dell’analisi qualitativa dello Studio che si può misurare il «valore umano» di questo impegno. Quelle «dimensioni intangibili» che emergono in particolare dalla lettura delle domande che sono state sottoposte a un campione di pazienti e di loro familiari. Sembra di scorrere la trama sulla quale ogni giorno viene tessuta l’attività di cura e assistenza, testimoniando le specificità della Fondazione. “Ha trovato in hospice maggior rispetto dei ritmi della vita assimilabili a quella vissuta a casa con la famiglia?”, “Si è sentito ascoltato, accolto e curato come una persona degna di adeguate cure e attenzioni, nel rispetto del proprio sistema di valori e culturale?”, “Ha trovato un ambiente e un approccio di cura nel quale trova un adeguato conforto, una percezione migliore del suo stare meglio?”. Interrogativi che vanno dritti al cuore del «metodo» che distingue l’attività delle équipe degli hospice della Fondazione.

Nella pubblicazione si legge: «I questionari che sono stati somministrati a pazienti e familiari ricoverati negli hospice della Fondazione per indagare i benefici intangibili trovano innanzitutto le basi nelle dimensioni del “dolore globale” sviluppato da Cicely Saunders e ancora fortemente attuale: l’esplorazione delle dimensioni fisiche, psicologico-esistenziali e socio-economiche permette di evidenziare le peculiarità di “quella” persona con “quella” storia di malattia, rendendo così unica la sua narrazione, prima e dopo il momento dell’accoglienza e della presa in carico, in linea con il concetto di personalizzazione della cura. L’analisi

dettagliata delle risposte dei questionari, che è stata eseguita per ogni singola domanda, mostra, sia dal punto di vista dell’analisi dei sistemi del paziente sia di quelli del familiare/caregiver una correlazione statisticamente significativa tra il trattamento dei sintomi e la sensazione di “benessere generale” del malato». Lo studio d’impatto non è insomma soltanto una mera attività di calcolo statistico ma riguarda piuttosto la capacità di tradurre la strategia di intervento delle organizzazioni, della Fondazione Hospice nel caso specifico di questa analisi, in un modello di impatto. «L’apertura degli hospice della Fondazione MT. Chiantore Seràgnoli ha segnato un sostanziale cambiamento nell’offerta assistenziale rivolta ai pazienti con tumore e con limitata prospettiva di vita, un cambiamento prima di tutto qualitativo», aggiunge Daniela Celin, Direttore Sanitario della Fondazione, scorrendo le quasi cento pagine dello Studio e, con esse, sedici anni di storia di una realtà che ha davvero cambiato il modo di vedere – e tradurre in realtà – le cure palliative. «L’introduzione delle cure palliative nella pratica clinica ha migliorato la qualità della vita dei malati: meno trattamenti diagnostico-terapeutici invasivi inutili e dannosi, migliore gestione del male fisico, psicologico ed esistenziale dei pazienti e delle loro famiglie. Il cambiamento è stato anche di ordine quantitativo e ha riguardato sia la riduzione dei ricoveri negli ospedali di Bologna sia il minor utilizzo di strutture sanitarie o socio-assistenziali a pagamento da parte delle famiglie, per i casi non gestibili a domicilio ». Riscontri numerici e benefici intangibili, analisi matematiche e sfumature che passano attraverso risposte che lasciano intravedere percorsi di sofferenza alleviati da una sensibilità umana che nessuna analisi potrà mai misurare in maniera definita. Come prova a sintetizzare Volker Then, Direttore del Center for Social Investment dell’Università di Heidelberg, «i risultati della valutazione che abbiamo portato in questo Studio di Impatto ricordano con forza che non siamo in grado di tradurre in cifre direttamente il tipo di dignità e di serenità offerte dagli hospice. Non c’è bilancio che le possa assicurare. Sono beni immateriali di inestimabile valore riservati ai pazienti e ai loro caregiver grazie a una Fondazione di pubblica utilità che si è data una precisa missione sociale – la missione di una vita dignitosa fino alla fine. Quello che questi sedici anni di storia e di impegno ci insegnano è che questo approccio può essere offerto a un numero sempre maggiore di cittadini italiani ed europei, destinando adeguate risorse di bilancio a questo servizio sociale, non solo perché si consente ai cittadini e al sistema pubblico di risparmiare denaro, ma anche, e soprattutto, per dare maggior benessere e migliore qualità di vita ai pazienti».

 

COSÌ L’IMPATTO DIVENTA SPETTACOLO

Il Bilancio di Missione 2017 e lo Studio di Impatto sociale della Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli
sono stati presentati lo scorso 28 giugno al Mast di Bologna.
Una serata speciale, aperta da una suggestiva opera teatrale a cura di Emilia
Romagna Teatro Fondazione che ha messo in scena con grande forza comunicativa il tema-guida dell’evento,
quel «Fare la differenza» che costituisce il fondamento dell’attività quotidiana, e della sua misurazione.
Attività poi raccontata attraverso quattro parole chiave (bisogni, accoglienza, relazione, competenze)
dagli stessi professionisti della Fondazione e sintetizzata da due protagonisti di valore: Stefano Zamagni,
intervenuto sul tema «L’analisi di impatto come strumento di relazione e fiducia»
e Volker Then, del Centre for Social Investment dell’Università di Heidelberg,
entrato nel merito dello studio di Impatto della Fondazione.

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