Cura, Incontri

Perché è necessaria una Filosofia di Cura

Secondo Matteo Galletti è fondamentale che l’intreccio antico tra filosofia e medicina riprenda vigore in un’epoca in cui la tecnologia medica chiama in causa le categorie ultime dell’etica. E l’hospice è il luogo perfetto per riaprire questa riflessione.

I temi che affronta nella sua quotidianità vanno al cuore delle “domande ultime” di ogni esistenza, perché Matteo Galletti non solo è un filosofo, ma ha scelto quel particolare percorso della filosofia che indaga la morale e l’etica, le “leggi” culturali e umane, prima ancora che giuridiche, che normano, accompagnano e – in sostanza – danno senso alla vita. Quesiti di frontiera, che ineluttabilmente a un certo punto del loro cammino incrociano la strada della cura, della medicina e della sua applicazione pratica. La incrociano con straordinaria profondità proprio su quella avanguardia della scienza medica rappresentata oggi dalle cure palliative e da un contesto particolare come quello dell’hospice. «La filosofia non può non interessarsi a quello che succede negli hospice, perché questi sono luoghi dove l’attenzione alla globalità della persona in una fase particolare della vita chiama in causa una cornice necessariamente filosofica: pone di fronte a scelte con forti implicazioni etiche, rimanda a dilemmi che hanno una loro intrinseca e manifesta tragicità.

In hospice ci troviamo insomma al centro dei temi chiave della riflessione filosofica occidentale», spiega Matteo Galletti, «e ritengo che la presenza di un filosofo abbia un duplice valore: da una parte è mossa da un interesse scientifico verso questi temi; dall’altra c’è la consapevolezza che una riflessione più alta sui temi della cura, della relazione con il paziente, della vita e della morte possa contribuire alla crescita di chi nell’hospice lavora in prima linea ogni giorno e dare un aiuto a chi vi entra come persona bisognosa di assistenza». Anticipando una domanda che intuisce spontanea, Galletti chiarisce: «Attenzione, non fraintendiamo: il filosofo non è un particolare tipo di psicologo, né un cappellano, non pretende di dare spiegazioni profonde ai singoli comportamenti umani né possiede rimedi che possano promettere un sollievo. Possiamo però dare strumenti agli operatori, ai pazienti e alle loro famiglie e, più in generale, al contesto della cura, per poter avere una mappa chiara delle implicazioni di ordine etico e morale sollevate dal fatto di trovarsi in un luogo come questo».

Ma il mondo della cura è in grado di accogliere e mettere a frutto questo incontro con la filosofia? «Basta leggere Ippocrate per avere chiaro che il fondatore della medicina occidentale, prima di essere un medico, era un filosofo. Da lì in poi, l’intreccio tra le due discipline è sempre stato stretto. È vero che forse nel mondo contemporaneo, in un contesto medico altamente tecnologico, con strumenti che riescono a ottenere risultati meravigliosi, che vanno oltre i confini etici “previsti” dalla filosofia, si rischia a volte uno scollamento tra le due discipline. È giusto che la medicina investa sulla tecnologia, ma deve forse tornare ad aprirsi di più alla filosofia. Non perché la filosofia abbia sempre “la” risposta, né tanto meno risposte preconfezionate, ma perché è suo compito farsi carico della categoria della responsabilità, ricordare che ciascuno risponde delle proprie scelte e la filosofia deve poter fornire strumenti per “dare le risposte”». In quest’ottica, ecco che l’ambito delle cure palliative diventa centrale. «È quello che meglio si integra con la filosofia, le dà una sponda più immediata, perché attiene a una dimensione che ha delle valenze profonde e fondamentali: come si affronta la sofferenza – fisica, psicologica, esistenziale – come ci si approccia alla prospettiva del fine vita, come ci si “prende cura” di una persona anziché limitarsi a curarla. Si tratta di mettersi nell’ottica di un ritorno alla persona».

Ecco perché Galletti insiste, «supportato dagli studi di colleghi più autorevoli di me», sull’importanza del dare il giusto spazio e rilievo alla biografia
personale del paziente. «Se posta al centro della relazione di cura permette di valorizzare il punto di vista del paziente sulla malattia, la sua sfera di valori, di interessi critici, di progetti, di impegni, insomma, la sua storia. È una dimensione ineludibile, che prende spazio con lo sgretolamento del paradigma del paternalismo medico, oramai preistorico da un punto di vista della relazione medico-paziente, nonostante ci siano dei residui nella prassi. È un approccio che ha una fortissima valenza non solo morale, ma appunto filosofica: è il riconoscimento del fatto che la biologia non è tutto, che la sopravvivenza biologica non può essere lo scopo assoluto della medicina. È necessario che i professionisti della cura entrino sempre più in quest’ottica: viviamo in società dove le malattie croniche sono in aumento esponenziale, da questo punto di vista inserirle in una narrazione più ampia, quella della biografia del paziente, avrà sempre più importanza. Non solo in hospice».

I LABORATORI FILOSOFICI ASMEPA
L’allargamento del concetto di cura si accompagna all’ampliamento dei temi e dei metodi che costituiscono i percorsi di formazione degli operatori in cure palliative. Per questo ASMEPA, l’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa, ha portato all’interno della propria proposta formativa dei «Laboratori» che esplorano territori di pertinenza della filosofia e dell’etica, fondamentali per acquisire le competenze necessarie per gestire gli aspetti relazionali con il malato e la famiglia, con gli altri membri dell’équipe, ma anche per gestire il coinvolgimento emotivo e saper argomentare su temi e dilemmi etici. Per informazioni: www.asmepa.org

Matteo Galletti

Matteo Galletti, fiorentino, classe 1976, si è formato in filosofia morale, bioetica e filosofia del diritto nelle Università di Firenze e Bologna, dove ha svolto le sue ricerche. Presso l’ateneo fiorentino ha seguito il corso di perfezionamento in Bioetica e Medical Humanities e ha conseguito il Dottorato in Bioetica a Bologna. Autore di numerose pubblicazioni, è ricercatore presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze; i suoi campi di indagine spaziano dall’etica teorica e applicata ai rapporti tra etica e politica. Galletti è membro della Transnational Research Unit on Everyday Bioethics and Ethics of Science (AD-RUEBES), Centro di ricerca interuniversitario “L’altro diritto” dell’Università di Firenze.

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