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La chiacchierata con il maestro Carlo Aonzo, uno dei più celebri mandolinisti mondiali, è un viaggio che cancella i luoghi comuni e, accompagnati dal suono di questo antico strumento a corda, conduce attraverso un mondo pieno di sorprese, immagini, persone.
Un viaggio che inizia da Savona, in una casa piena di passione musicale che diventa scuola e poi trampolino verso il mondo. «Nella nostra città esiste un’antichissima tradizione legata a questo strumento; mio papà è cresciuto e ci ha fatto crescere suonando il mandolino. Era un virtuoso, suonava in qualsiasi occasione. Io e mia sorella siamo stati accompagnati dalle sue melodie e abbiamo interiorizzato questa passione in modo molto naturale tanto che, quando avevo 9 anni abbiamo organizzato a casa nostra una vera e propria scuola di musica, insegnando nel pomeriggio ai compagni di scuola i rudimenti di quello strumento che anche noi avevamo imparato a suonare da autodidatti. Da quella esperienza, imbastita da un gruppo di ragazzini, con gli anni è rinato il Circolo Mandolinistico “G. Verdi”, una vera e propria istituzione a Savona, che nel Dopoguerra aveva cessato le attività”.
Un esordio che segna un destino per Carlo Aonzo. Le corde del mandolino da anni lo fanno viaggiare per il mondo, ma anche attraverso i vari generi della musica. “Un itinerario non lineare», racconta:
«fin dall’infanzia, il mio background musicale è stato molto vario, dagli Intillimani alle sinfonie di Beethoven che ascoltavo con mio papà, fino alla bluegrass nordamericana, un genere folk all’interno del quale il mandolino riveste un ruolo importante. C’è Vivaldi, che ha realizzato bellissime composizioni per il mandolino e c’è la musica popolare. Non mi piace chiudere la musica in scatole predefinite perché, per sua natura, ha il potere di rompere tutti i confini».
La quotidianità di Aonzo è un’infilata di collaborazioni ed eventi mondiali che sono un caso di successo della cultura italiana da esportazione ma che nel suo racconto tornano spesso su quei suoni dell’infanzia nei quali risiede la radice e la spinta di tutto il suo cammino. «È inevitabile», dice:
«la musica è un’essenza che evoca ricordi. Ogni suono, ogni melodia che entra nel nostro orecchio, inconsciamente ci riporta a un momento particolare della nostra vita, ci fa tornare a momenti dell’infanzia che la memoria razionale potrebbe non ricordare ma che attraverso il suono riacquistano tutta la loro vividezza».
La musica è, grazie a questa consonanza emozionale, uno straordinario strumento di comunicazione, un «linguaggio universale e naturale», dice Aonzo,
«che va oltre le barriere, anche quelle più delicate, come per esempio con chi viene privato da una malattia di tutte le altre possibilità di espressione. Attraverso la musica possiamo parlare, scambiarci emozioni».
La controprova? L’immediatezza con cui, attraverso la musica, si comunica con i bambini. «Ah, il mandolino in questo è eccezionale», confessa Aonzo: «Li cattura. Lo vedo quando sono nelle scuole: i bambini restano subito incantati dal suo suono, dalle melodie che si riescono a creare. È un ottimo “passaporto” per avvicinarsi alla musica perché ha un approccio piuttosto semplice, e rispetto a strumenti più complessi come il violino è possibile imparare a suonarlo con soddisfazione anche in maniera dilettantesca, arrivando subito al cuore della melodia».
Il maestro mandolinista Carlo Aonzo insieme a Davide Burani (all’arpa), è stato protagonista del Recital per Mandolino e Arpa “Auliche Armonie a Pizzico” organizzato lo scorso 5 ottobre presso il Teatro di Villa Mazzacorati a Bologna dall’Associazione Amici della Fondazione Hospice Seràgnoli per una serata di raccolta fondi a favore della Fondazione. In una location davvero magica per storia e atmosfera, il concerto ha alternato la musica di famosi compositori come Vivaldi, Bach, Paganini, Caramiello, Calace e Munier, mostrando le infinite e affascinanti possibilità armoniche di questi due strumenti, così antichi eppure così contemporanei nella loro capacità di far risuonare emozioni.