Cura

La scelta Precoce di Condividere un bisogno

Un rapporto fatto di disponibilità e competenza costruito sulle esigenze del paziente e della sua famiglia. Un lavoro in rete con specialisti e altri soggetti curanti. Così l’équipe ambulatoriale degli Hospice, attraverso la presa in carico precoce, accompagna il paziente e la famiglia con risposte concrete lungo il percorso della malattia.

COME ACCEDERE IN AMBULATORIO

Invio dalla rete
La Rete delle cure palliative della Ausl città di Bologna “invia” la segnalazione sul paziente all’équipe ambulatoriale degli Hospice Seràgnoli.

Primo contatto
Telefonicamente, gli infermieri dell’équipe contattano il paziente o il care giver indicato dalla rete, spiegano il ruolo delle cure palliative e lo invitano a conoscersi di persona.

Il colloquio
Nell’incontro in ambulatorio si ascoltano le esigenze del paziente e della famiglia e si effettua una presa in carico precoce mirata ai bisogni esplicitati.

Clinica ambulatoriale
In ambulatorio, il medico e gli operatori sanitari assistono il paziente nella somministrazione dei farmaci ed effettuano medicazioni che danno sollievo riducendo il ricorso ad analgesici.

Il ricovero (e l’uscita)
Il percorso di malattia del paziente prevede nel tempo ricoveri e dimissioni. L’équipe segue e supporta ognuno di questi passaggi.

Samanta Mezzanotte, infermiera, prima di entrare negli Hospice Seràgnoli ha lavorato in Pronto Soccorso. E non è un particolare da poco. «Abitudine al triage», così lei definisce quella capacità di riuscire in pochi secondi di contatto col paziente a comprendere empaticamente e capire razionalmente, un’attitudine che ci si porta dietro per sempre. E quel piglio di ferma gentilezza, fatta di domande giuste e ascolto anche del non detto di certe risposte, che prima usava tra barelle e ambulanze in arrivo, è lo stesso con cui affronta oggi la prima telefonata di contatto della giornata, con una nuova paziente che è stata segnalata dalla Rete delle cure palliative della Ausl Città di Bologna per un percorso di presa in carico precoce. Ovvero, per iniziare quel cammino di cura e di sostegno clinico e psicologico messo a disposizione del paziente per affiancarlo, con la sua rete di affetti, nella malattia. «Tecnicamente, viene definito paziente precoce un paziente inguaribile, oncologico e non oncologico, che gode ancora di autonomia», spiega Giorgio Anagni, oncologo palliativista, come Mezzanotte parte di una delle tre équipe che si occupano di presa in carico precoce a livello ambulatoriale nelle tre strutture (Bentivoglio, Bellaria e Casalecchio) degli Hospice Seràgnoli.

Dal punto di vista sia clinico sia psicologico, l’efficacia della presa in carico precoce è maggiore quanto più si gioca d’anticipo «e si riesce a strutturare un percorso di integrazione tra i due presìdi medici, lo specialista dell’ospedale presso cui il paziente è in cura da una parte e l’équipe ambulatoriale dell’Hospice dall’altra», spiega Matteo Moroni, responsabile medico degli Hospice Seràgnoli. Un affiancamento che serve per un continuo assessment della situazione clinica del paziente e che permette di superare quella distanza che ancora esiste tra la medicina ospedaliera e la medicina palliativa. Superare questo momento, anticipandolo e accompagnandolo, significa evitare una condizione traumatica al paziente e alla sua famiglia».

In generale, «la presa in carico precoce è un percorso di costruzione di fiducia, di progressivo affiatamento tra la nostra équipe, il paziente stesso e la sua famiglia. È un cammino lungo il quale si procede insieme», spiega Francesca Bonarelli, psicologa, terzo vertice di questo triangolo coeso che costituisce le tre principali competenze presenti in ciascuna équipe multidisciplinare. Équipe che lavora a stretto contatto con gli specialisti d’organo esterni (oncologi, radioterapisti, ecc.) e con il medico di base che hanno in cura il paziente, in un lavoro di rete che va continuamente ritessuto e rafforzato. Occorre ridurre il gap culturale a causa del quale ancora a fatica si riesce ad avvicinare lo specialista ad una dimensione più ampia, quella del paziente come persona e come rete di relazioni, che può (deve) beneficiare dell’affiancamento dei professionisti delle cure palliative durante il suo percorso di malattia.

«Intervenire in maniera precoce a livello ambulatoriale», continua Moroni, «significa intercettare il bisogno nel momento in cui sorge e fare una pianificazione del prospetto delle cure stabilendo con anticipo quali saranno gli step e quali potranno essere, via via, le esigenze e le risposte da mettere in campo. È fondamentale, per l’impatto che tutto questo ha sul paziente, evitare il più possibile che le decisioni vengano prese quando ci si trova in un contesto d’emergenza e con il paziente in una situazione di forte stress. Prendere in carico anticipatamente significa poter avere un monitoraggio costante dei sintomi, un controllo degli effetti collaterali dei trattamenti… gestire insomma la malattia attraverso passaggi e interventi graduali».

Non va dimenticato che la prima telefonata di contatto effettuata dall’équipe dell’hospice per concordare il primo appuntamento in ambulatorio e avviare questo percorso, interviene in un momento delicato della vita del paziente. Per questo, non esiste una modalità standard, né un “menu” di servizi; il modello che viene seguito, e quotidianamente arricchito nell’attività ambulatoriale, guarda all’assoluta personalizzazione. Un «approccio sartoriale», lo definiscono. Approccio che, in particolare nelle fasi di avvio, parte da una domanda semplice: di che cosa ha bisogno questa persona, in questo preciso momento? «In molte situazioni la problematica prevalente è quella del dolore e quindi l’équipe si attiva per controllarlo. Ma c’è anche chi soffre perché non sa come spiegare alla propria rete di affetti la sua situazione clinica; in questo caso la presa in carico sarà più orientata all’accompagnamento psicologico. In molte situazioni, il valore del nostro intervento sta nel riferimento che siamo in grado di dare ai familiari, alle loro domande, alle loro paure. Non dimentichiamo che ogni singolo paziente ha alle spalle una storia e un vissuto spesso complicati, fatti di ricoveri, interventi, trattamenti, un percorso nel quale a prevalere è la sensazione di disorientamento. Quel che noi diamo, oltre all’accompagnamento clinico e al controllo dei sintomi, è anche questo “riallineamento” dei pensieri, delle certezze, spesso dei rapporti all’interno dello stesso nucleo familiare rispetto al malato e alla situazione di disequilibrio che si è creata», spiega Moroni.

«L’importante, e il difficile», sottolinea Mezzanotte, «è far fare il primo passo, far comprendere che con la presa in carico precoce l’hospice non è il luogo cui ci si affida solo quando il bisogno è più acuto, ma è una tappa di un percorso che prevede il ritorno a casa e poi magari una nuova presenza in Hospice al ripresentarsi della condizione di dolore… ». Quella che attraverso il rapporto ambulatoriale si cerca di costruire è una familiarità con le strutture e i benefici delle cure palliative senza forzare il paziente, ma facendo passare in ogni occasione un messaggio chiaro: se hai bisogno, da qualsiasi parte questo bisogno emerga, noi siamo qui e abbiamo le professionalità e le competenze per affrontarlo. Per esempio, in ambulatorio possono essere effettuati bendaggi funzionali che aiutano a ridurre il ricorso ad analgesici, piccole medicazioni, somministrazione sotto controllo di farmaci: tutte azioni che vanno nella direzione di una “gestione controllata” della malattia con un apporto di sollievo che si traduce in qualità della vita.

«Il nostro dovere consiste nel rispondere al bisogno quando questo si presenta», dicono con naturalezza i membri dello staff. Questo, in vista del fatto che in molti casi la necessità diventerà sempre più presente e urgente con il passare del tempo, le questioni da affrontare e le decisioni da prendere, per il malato e per la famiglia, saranno sempre più delicate. La presa in carico precoce serve anche – con il procedere della malattia – « ad affrontare i limiti e i cambiamenti che essa porta con sé», spiega Bonarelli: «aiutare il paziente e tutta la sua rete di af etti a dare un senso a quello che sta accadendo».

CARTA D’IDENTITA’

Che cosa
La presa in carico precoce è la gestione in modalità ambulatoriale (non è ricovero, non è assistenza domiciliare) di pazienti oncologici o non oncologici con diagnosi di inguaribilità.

Chi
È gestita da un’équipe multidisciplinare composta da due medici specialisti, un’infermiera e una psicologa, che operano in stretta sinergia.

Come
L’équipe opera mettendo al centro il paziente e le sue esigenze e si relaziona con tutti i soggetti che intervengono nella cura: lo specialista d’organo, il medico di base, gli ospedali.

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