Formazione

Cosa ci dice Facebook

Una finestra, pionieristica e concreta, sui contenuti e le dinamiche attraverso le quali i genitori di bambini con patologie inguaribili, croniche e complesse sono presenti sulle piattaforme social è stata aperta da quattro studenti dei Master in Cure Palliative Pediatriche dedicati ai
medici e alle professioni sanitarie.
Due infermiere che operano nell’ambito dell’onco-ematologia pediatrica ospedaliera a Parma e Monza e uno in quello delle malattie respiratorie e neuromuscolari pediatriche a Roma e un medico pediatra afferente ad un reparto di Pediatria e Neonatologia di Ravenna, a conclusione del loro
percorso di studi, hanno discusso una tesi dal titolo L’utilizzo
dei social media per la condivisione di informazioni sui bisogni di cure palliative pediatriche: una social media analysis.

«L’obiettivo del lavoro era duplice», spiega Sofia Germinario, infermiera presso l’Emato-Oncologia Pediatrica e Trapianto di midollo osseo della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori:

“Da un lato, descrivere come il tema delle Cure Palliative Pediatriche viene trattato sui social media da parte dei caregiver, in primis dai genitori; dall’altro, analizzare le informazioni contenute nei post e individuare possibili aree di miglioramento nella gestione della comunicazione tra sanitari e familiari».

La scelta è stata quella di concentrarsi su Facebook, il social network che maggiormente favorisce lo sviluppo di gruppi di interesse comune e permette lo scambio di informazioni oltre che la condivisione di materiali e di esperienze. Per un mese sono stati monitorati gruppi afferenti a quattro aree patologiche pediatriche, paralisi cerebrali infantili, malattie
neuromuscolari, malattie onco-ematologiche e prematurità estrema, per un totale di 186 post raccolti e analizzati.

«È stato un lavoro che ci ha costretto a uscire dalla nostra zona di comfort. Noi sanitari entriamo nel mondo delle famiglie dei pazienti in tantissimi modi, condividendo con loro i momenti in ospedale, a domicilio, nelle emergenze così come nei colloqui di valutazione. Questo lavoro ci ha reso
evidente come sia utile considerare anche quello dei social un “ambiente” all’interno del quale si possono incontrare, con modalità differenti, le famiglie, i loro bisogni, le loro attese», spiega Germinario.

I temi che emergono dai post e dalle conversazioni sono sia di tipo informativo sia più orientati a una necessità di condivisione emotiva. «Il social è uno spazio “immediato” in cui cercare liberamente informazioni, ma anche “intimo” in cui condividere esperienze», sintetizza l’autrice. «Per quanto riguarda il ruolo comunicativo, i social media per questi
genitori, hanno effetti positivi sulle strategie di adattamento, sull’autostima, sul senso di appartenenza e sulla competenza dei soggetti coinvolti, attraverso scambi di risorse psicosociali. Sono infatti strumenti capaci di facilitare il sostegno reciproco, garantendo un minore imbarazzo rispetto ad argomenti sensibili, la riduzione dei vincoli logistici e le possibilità di accesso a nuove fonti di assistenza».

«Ma se questi due elementi, di fatto, fanno parte della natura stessa dei social network», spiega Federico Pellegatta, Coordinatore Infermieristico dell’Hospice Pediatrico Casa Sollievo Bimbi di VIDAS e tutor della tesi,

«quel che più ci deve far pensare come operatori, e che chiama a una riflessione il mondo delle cure palliative pediatriche, è un dato che evidenzia un bisogno esistente, e che adesso è disallineato rispetto alle modalità organizzative che il sistema della cura e dell’assistenza mettono in campo».

L’analisi dei dati dice infatti che il maggior numero di post e di conversazioni ha luogo nel fine-settimana o nelle ore serali e notturne, «probabilmente segno della necessità, per questi genitori, di sopperire a bisogni clinico-assistenziali nei giorni o negli orari nei quali i servizi non sono raggiungibili, e quindi strutturalmente non sono in grado di dare risposta alle domande dei genitori», dice Germinario.

«Questa evidenza ci dà sicuramente un’indicazione importante su un
aspetto di miglioramento organizzativo nella direzione della continuità assistenziale: i servizi non possono prescindere dall’operatività 24h su 24, 7 giorni su 7».
C’è un secondo dato, interessante e sorprendente, che emerge dallo studio: nei post analizzati non compaiono mai le parole “cure palliative” o “cure palliative pediatriche”, nonostante gli autori dei post spesso scrivano di essere seguiti da équipe multidisciplinari riconducibili a servizi di CPP.

«Lo stimolo è quindi quello di rafforzare il lavoro di comunicazione e di divulgazione anche attraverso questi canali, per diffondere la cultura delle cure palliative rompendo quel tabù che ancora trattiene dal parlarne, per un’errata associazione, almeno nelle cure palliative pediatriche, con il tema del fine vita», sottolinea Pellegatta. «Le realtà che operano nelle
cure palliative devono essere presenti in modo che i genitori possano intercettarle più facilmente e conoscerle, sapere quanto e come possono essere utili rispetto ai loro bisogni. Per questo, all’interno delle organizzazioni bisogna lavorare per avvicinare sempre più chi si occupa della cura e della comunicazione, valorizzare le rispettive competenze
per portare la conoscenza delle cure palliative sempre più vicina alle famiglie».

Nel 2023 i risultati dello studio sono stati presentati al Congresso della Società Italiana di Cure Palliative e, data l’innovatività del tema trattato, la tesi si è classificata al terzo posto del Premio Giuseppe De Martini.

Intervista a

Sofia Germinario

Infermiera presso l’Emato-Oncologia Pediatrica e Trapianto di midollo osseo della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori.

Federico Pellegatta

Coordinatore Infermieristico dell’Hospice Pediatrico Casa Sollievo Bimbi dell'Associazione VIDAS di Milano

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