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«Ci sono tanti modi di organizzare delle collettive di opere d’arte. In ciascuno di questi modi vigono la selezione critica e il senso di competizione. Questo non è certo un male, anzi ogni esposizione collettiva esprime un suo senso, una ideologia, un bisogno. Ma il protagonismo agonistico, il senso del possesso e una dose di avarizia sono dei difetti impliciti e non eliminabili nelle gallerie e negli artisti. Nell’universo dell’arte e del suo duro mercato. L’organizzazione di do ut do nasce su istanze opposte». Difficile definire Alessandro Mendini (designer? architetto? artista?). Forse, più semplicemente, un “architetto-psicanalista” che a 87 anni ha ancora lo sguardo vivido di chi guarda la realtà mettendola costantemente in discussione, cercandovi dentro un pensiero universale. Forse, proprio per questo, non poteva che essere affidata a lui, dadaista nell’animo, l’opera di definire do ut do, il contenitore di iniziative culturali promosso dall’Associazione Amici della Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli che ha lo scopo di raccogliere fondi in favore della Fondazione. Una iniziativa che, giunta alla sua quarta edizione, vede proprio Mendini mettersi in dialogo con il pensiero contemporaneo e suggerire un nuovo approccio umano e universale alle relazioni. In questa visione il singolo viene ri-collocato, con tutte le sue particolarità, vizi e virtù, in un contesto sociale, fatto di responsabilità verso gli altri.
Proprio da questa riflessione, lasciata decantare perché acquisisse tutto il suo spessore, deriva il titolo-aggregatore dell’edizione 2018 dell’iniziativa, La morale dei singoli. Un manifesto sul dovere dell’impegno, sul legame tra responsabilità privata e sensibilità collettiva. Sulla «dedizione», questa la parola chiave che usa Mendini. L’azione del «dedicarsi a», donandosi. «Le selezioni delle opere per le edizioni di do ut do finora sono state basate su una valutazione estetica, certo, ma queste numerose opere, sempre di maggiore qualità, rispondono al concetto del “dono”», spiega Mendini. «Gli artisti se ne privano per destinarle a un fine altamente umano. Il dono come opposto del possesso. L’edizione 2018 presenta una collezione di opere di valore, collegate però fra loro dalla dedizione e dal senso umano della vita. Una raccolta che si costituisce come “atto d’amore”. Un gioco fra anime e persone che genera una energia oltre gli schemi e le valutazioni tradizionali dell’arte e si pone di fatto come fenomeno unico, preciso e funzionale sia all’estetica sia all’obiettivo per il quale fino dall’inizio era nato».
ARTE E PROVOCAZIONE
do ut do, dopo tre edizioni di successo (2012, 2014 e 2016), affronta l’edizione 2018 con un importante obiettivo etico: riflettere, attraverso l’arte, sul rapporto tra le morali individuali e la responsabilità sociale, sul modello di una gestione capace di raccogliere la sensibilità individuale per realizzare obiettivi comuni, condivisi e misurabili. Una ventina di importanti artisti internazionali sono stati chiamati a realizzare opere che riflettano – in maniera anche provocatoria – su questo tema. Le loro opere saranno donate alla Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli e andranno a comporre una collezione che consentirà alla Fondazione di creare eventi, incontri, mostre e contenuti per riflettere su un tema così centrale per la contemporaneità. Il progetto è stato presentato l’11 maggio 2018 presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.
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